La storia di Pietro Ferraris, Head of Product di start2impact

Pietro Ferraris, Head of Product di start2impact, racconta la sua storia, dalla sua prima startup al suo lavoro in start2impact

 A ship in harbor is safe — but that is not what ships are built for — John A. Shedd

Parto con una citazione, che fa sempre il suo effetto, ma credo che rappresenti bene il mio essere, il mio modo di prendere la vita… oltre che la mia grande passione per il mare e le barche – rigorosamente a vela. 

Dunque, ho quasi 42 anni di vita alle spalle e, come in molti sicuramente sapete, 42 é la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto, e pertanto si presume che io abbia raggiunto un certo grado di saggezza. Ma ahimè ho più domande e meno risposte oggi rispetto a quando avevo vent’anni. Sicuramente però ho più consapevolezza.

Ho provato a riassumere gli ultimi 20 anni e ho cercato di estrapolarne alcune lezioni imparate.

Non mi aspettavo di scrivere così tanto, è stato sicuramente un ottimo esercizio di analisi. Per renderlo un po’ più fruibile ho diviso il papiro in capitoletti, in ordine cronologico, ciascuno con un’esperienza e qualcosa che ho imparato.

Sentiti libero di saltare a quello che ti sembra più interessante e buona lettura!

I viaggi

Pietro Ferraris in viaggio

Quando avevo venti anni pensavo di sapere esattamente dove stessi andando.

Ero a metà dei miei studi di ingegneria e, cresciuto in una famiglia borghese di una piccola città nel cuore della Lombardia, vedevo davanti a me un lavoro da ingegnere elettronico in una grande azienda probabilmente a Milano o dintorni. 

Va detto che comunque, già al tempo, non ero uno di quegli studenti di ingegneria noiosi e un po’ nerd. Ero un pò un outsider rispetto a molti miei compagni e (poche) compagne di corso.

Leggevo roba di tutti i tipi, al tempo amavo la letteratura romantica inglese, la poesia (che ora digerisco a fatica), Hemingway, Bernard Moitessier, Dostoevskij e molti altri viaggiatori dello spazio e dell’anima. 

Amavo anche ciò che stavo studiando, fisica, analisi, chimica e compagnia bella.

In generale amavo imparare cose nuove, ma ancora non avevo una chiara idea di cosa avrei fatto di pratico nella vita

Durante gli anni dell’università ci furono due esperienze che influenzarono profondamente quelli che sarebbero stati gli anni a venire, anche se al tempo non lo sapevo.

Mi ci soffermo un po’ perché forse è la parte della mia vita in cui i membri di start2impact potrebbero più facilmente riconoscersi.

Ero ancora in quella fase della vita in cui non vedi arrivare i bivi, o meglio, li vedi ma non soppesi molto cosa comporterà prendere una strada piuttosto che l’altra. Poi impari a riconoscerli i bivi e ad associargli dei pesi ma al tempo ero molto leggero sulle mie scelte e, tutto sommato, fui fortunato.

Al quarto anno decisi di andare in Erasmus. Era il 2001 e non sapevi bene se ti avrebbero riconosciuto gli esami fatti e come li avrebbero convertiti in voti e crediti italiani, però sentivo l’esigenza di esplorare mondi nuovi e così partii per Copenhagen (spoiler: dovetti risostenere la maggior parte degli esami fatti).

Quegli 8 mesi furono fondamentali nel mio percorso di crescita. Capii due cose: la prima che la vita non corre su un binario fisso ma che anzi è possibile e facile deragliare… ed è anche giusto farlo.

Conobbi così tanti “deragliati” che iniziai a mettere profondamente in discussione il mio binario predeterminato e ad immaginare scenari alternativi di vita.

La seconda fu che mi piaceva un sacco quella sensazione che poi imparai a ricreare ed amare innumerevoli volte di “ripartire da zero”, in un contesto nuovo, con persone e stimoli nuovi.

E così tornato dall’Erasmus, dopo pochi mesi chiesi una tesi sperimentale all’estero.

Il semestre successivo ero a Montreal, Quebec, in un laboratorio a progettare guide d’onda e altre amenità. 

Anche in Canada conobbi e frequentai persone con percorsi di vita, abilità e interessi molto diversi dai miei e tra queste alcune sono tuttora tra i miei più cari amici e tra le persone più in gamba che abbia mai conosciuto. La fortuna a volte.

Questa mia seconda esperienza estera mi confermò la teoria che avevo iniziato a partorire in Erasmus:

Se vuoi che ti capitino cose interessanti, è sufficiente aggiungere gradi di libertà alla tua vita. Cambiare continente è un modo per farlo. Un altro è imparare cose nuove ovvero chiavi per aprire porte altrimenti inaccessibili.

Il primo lavoro

Pietro Ferraris Bologna

Comunque, rientrato in Italia mi laureai e per un pò di tempo continuai a seguire il binario e così approdai ad una multinazionale.

Stipendio buono, ingresso tra le 8:00 e le 8:30, uscita alle 18:00, giacca e cravatta, contratto a tempo indeterminato, tredicesima, quattordicesima e tutto ciò che un giovane neolaureato ingegnere potrebbe sognare.

Mia madre era al settimo cielo.

E poi, alla prima occasione di mini-vacanza, parto per fare l’inter-rail e durante questo viaggio conosco una ragazza di Bologna a Granada.

Mi innamoro pazzamente e al contempo realizzo che giacca e cravatta, contratto a tempo indeterminato e tutto il resto non fanno davvero per me.

Pertanto inizio a trascorrere serate su internet alla ricerca di qualcosa di più interessante… ovviamente a Bologna.

Non cerco però sui portali di cerco lavoro, cerco invece piccole realtà che facciano cose che mi piacciano, che mi colpiscano in un qualche modo.

Ed è così che trovo un gruppo di 8 pazzi, che vogliono creare un’azienda, con tante idee, dei CV pazzeschi (Normale di Pisa, MIT, Agenzia spaziale europea, Scuola Holden…) e nessuna esperienza imprenditoriale alle spalle.

Li chiamo, mi colloquiano e mi prendono.

Stipendio inferiore ma per fare qualcosa di entusiasmante vicino alla persona che amo.

Mi licenzio dal lavoro in giacca e cravatta e con in sottofondo i pianti e rimproveri di mia madre parto per Bologna.

Sono il dipendente numero due. Dopo 6 mesi sono il socio numero 9, il più giovane.

Pochi anni dopo, pochi giorni prima del mio 30esimo compleanno, mi propongono di prendere il comando.

Sono il CEO.

Un mix di gioia, terrore, orgoglio, energia e insonnia mi pervade.

Inizia un nuovo capitolo di vita.

Lezione imparata:

Credici fino in fondo e valuta tutte le opzioni.

Apprendimento accelerato

Pietro Ferraris CEO

Scopro che fare il CEO è tutt’altro che gratificante.

Scopro problemi finanziari di cui non ero a conoscenza, scopro la solitudine della responsabilità… verso i dipendenti, verso le banche e verso i propri soci. Insomma, chiunque di voi sia arrivato a leggere fin qui sappia che essere a capo di una startup non è una passeggiata di salute!  

Soprattutto scopro che mi mancano tantissime competenze.

Non so leggere un bilancio, fare un piano finanziario, condurre un colloquio di assunzione.

Non so quasi niente di digital marketing, di comunicazione… insomma, mi rendo conto che sono più le cose che non so di quelle che so… e quindi mi rimetto a studiare.

E imparo una cosa importantissima:

L’unico modo di continuare a crescere è non smettere mai di imparare. Il cambiamento è l’unica costante.

Le cose piano piano migliorano, addirittura a un certo punto, era il 2009, vinciamo una “business plan competition” e ci invitano – spesati – a San Francisco a fare un giro di investitori per finanziare la nostra idea.

Andiamo, falliamo miseramente nell’intento di raccogliere denari ma in compenso mi innamoro della città, della velocità con cui le cose avvengono nella baia e dell’energia che si respira.

Torniamo a Bologna ma mi riprometto che se mai farò una seconda società la farò lì, su quella piccola penisola circondata dall’oceano dove le cose vanno veloci. 

Il salto

Pietro Ferraris San Francisco

Passano un altro paio di anni, la società è in discreta salute, riusciamo a pagare gli stipendi e cresciamo… ma io ed uno dei miei soci siamo insofferenti, abbiamo in testa un nuovo progetto, più ambizioso, più scalabile e la voglia di tornare in terra californiana.

E così nel 2011, dopo aver messo in sicurezza la società e trovato un mio sostituto, cediamo le nostre quote, troviamo un terzo compagno di avventure e fondiamo map2app, la mia seconda società, una piattaforma web per creare app native per la promozione del territorio (aka guide turistiche).

Torno a casa e dico alla mia compagna “Fai le valigie, partiamo per San Francisco“. 

Abbiamo in cassa circa 20.000€, un prodotto in beta, un paio di clienti in Italia e un biglietto aereo per la West Coast. 

Ora tocca fare una riflessione: tutto ciò accadeva quasi 10 anni fa. Quali sono stati gli elementi che mi hanno consentito di sentirmi sufficientemente sicuro per poter prendere la decisione di partire?

  • Sicuramente l’aver imparato negli anni precedenti più o meno tutti i pezzi del puzzle. A volte male, in modo frammentario, raccattando informazioni sul web, su libri, da altri imprenditori… ma sapevo di avere una buona idea di come si crea e si governa una società, l’avevo già fatto, e soprattutto sapevo di poter imparare tutto ciò che ancora non sapevo e che mi sarebbe servito.
  • Poi sapevo di potermi trasferire in una nuova città e ricrearmi una vita perché l’avevo già fatto a Copenaghen, a Montreal e a Bologna. Certo questa volta non avevo praticamente nessuna rete di sicurezza, ma avevo fatto le prove.
  • Poi avevo una compagna, un sostegno emotivo che mi supportava e questo, insieme al mio team fatto di persone davvero eccezionali è stato fondamentale. Qualcuno ha scritto: “Se vuoi andare veloce vai da solo. Se vuoi andare lontano vai in compagnia.” Questo per me vale nella vita come nel lavoro… e nel mio caso le due cose si mescolavano profondamente.
  • Infine avevo una buona dose di follia e incoscienza, elementi necessari per fare qualunque tipo di salto… e questo era un bel salto.

E quindi partimmo. Io, la mia compagna e i nostri due gatti.

Il resto del team, i miei due soci e gli sviluppatori, in Italia.

Io mi occupavo di tutti gli aspetti business, loro di tutti gli aspetti di prodotto.

In tutto sono rimasto a San Francisco per circa due anni. In quei due anni durissimi, fatti di stipendi non pagati, di notti insonni (a lavorare o a preoccuparsi o entrambe le cose), di lunghi viaggi e di porte chiuse abbiamo ultimato il prodotto, trovato investitori, trovato clienti e portato la nostra società, map2app Inc., ad essere un’efficiente fabbrica di apps nel mondo del travel.

Ne abbiamo pubblicate quasi 1000 in meno di 3 anni, con clienti come Mondadori, DeAgostini, California State Parks, e molti altri.

Varco Dimensionale

Pietro Ferraris lastminute

A metà 2012 le cose stanno funzionando, io ho qualche problema con i visti, abbiamo più clienti in Europa che in US e stiamo valutando di tornare in Italia.

A decidere per noi è la scoperta che aspettiamo un bimbo.

Ho 34 anni, una società negli Stati Uniti, una in Italia, un bimbo in arrivo e parecchia stanchezza accumulata.

Decidiamo di tornare. 

A febbraio 2013 nasce mio figlio. Esattamente 2 anni dopo, a febbraio 2015, perfezioniamo la cessione dell’azienda, ovvero facciamo la tanto desiderata exit

Veniamo acquistati dal gruppo lastminute.com e rimango a lavorare con loro per poco più di due anni.

Due anni belli e intensi… e nuovamente scopro che devo rimettermi a studiare! Un conto infatti è gestire un’azienda di una ventina di persone. Tutt’altro mestiere è invece avere un ruolo rilevante nel management di un’azienda di oltre 2000 persone.

Io che ero ormai un asso a sparare ai piccioni con la cerbottana mi trovo con un bazooka per le mani e elefanti come bersagli. Ma come scrivevo poc’anzi, per crescere non bisogna mai smettere di imparare e quindi leggo, studio, parlo coi colleghi, faccio domande a tutti in tutti i reparti… insomma cerco di mettere delle toppe sugli innumerevoli “buchi” presenti tra le mie skills e conoscenze.

Non è (quasi) mai troppo tardi per imparare cose nuove… il mio ex socio mi diceva sempre:

Il miglior momento per piantare un albero era venti anni fa, il secondo miglior momento è oggi.

Questa massima è stata estremamente preziosa per me perché mi ha consentito di fronteggiare qualunque nuova sfida con spirito costruttivo, affrontando ogni giorno il problema principale che emergeva, per quanto fosse scomodo, grosso e fuori dalla mia comfort zone. 

Cambio di rotta

Pietro Ferraris con figlio

E arriviamo così alla fine dell’avventura in lastminute.com.

Nel 2017 per varie ragioni decido di rientrare nella mia amata Bologna.

Sto per compiere 40 anni, ho un bimbo bellissimo, un buon bagaglio di esperienza e qualche soddisfazione alle spalle.

Inizio a desiderare “tempo” e di avere la possibilità di aiutare altri imprenditori alle prese con lo startup del proprio progetto.

È in questo periodo che incrocio brevemente start2impact, durante un contest organizzato da un fondo con cui collaboro, mi piacciono tantissimo i founder ma trovo l’idea ancora troppo acerba.

Nel frattempo a Bologna la Fondazione Golinelli, mi propone di occuparmi della creazione del programma di accelerazione del loro nascente acceleratore di imprese nel mondo delle life science.

Trovo il progetto entusiasmante… ma non so praticamente niente di life science!

Accetto e inizio a studiarmi altri acceleratori life science, ne visito uno a Londra, leggo… insomma, mi trovo nuovamente a dover – e voler – imparare nuove cose

Ora che sapevo tutto di travel, voli, OTA, commissioni, metasearch etc. mi ritrovo tuffato tra biopsie liquide, labs-on-a-chip, stampa di organi 3D, medicine biologiche, malattie rare e altre interessantissime quanto a me ignote meraviglie del mondo delle scienze della vita. 

E qui un’ultima lezione, sicuramente appresa anche ammirando le innumerevoli skill imparate da mio figlio nei suoi primi 3 anni di vita:

La curiosità è il motore per percorrere qualunque percorso.

Impatto

Pietro Ferraris start2impact

Prima di iniziare a lavorare full time in start2impact ho lavorato per due anni come “Head of Acceleration Program” presso G-Factor.

Mi sono ritrovato, per la prima volta, dall’altro lato della barricata, ovvero dopo essere stato valutato, giudicato, soppesato, scelto e rifiutato innumerevoli volte con le mie aziende sono finito dalla parte di chi valuta, soppesa, sceglie e rifiuta.

Era una strana sensazione. In due anni ho visto più di 300 pitch e/o business plan, colloquiato centinaia di imprenditori (o presunti tali), investito personalmente in un paio di progetti e come acceleratore in 17 startup. 

Mi sono appassionato in un modo che non avrei mai pensato possibile al tema dell’educazione a 360°.

Il mio lavoro con le startup consisteva in larga parte nell’educarle, nel veicolare loro idee nuove, informazioni, strategie, metodi per operare in modo più efficiente.

Parallelamente mio figlio è cresciuto e la sua educazione, lo sviluppo della sua curiosità, della sua comprensione del mondo sono diventati aspetti centrali del mio quotidiano.

Lavoravo per l’acceleratore 4 giorni a settimana. Il quinto lo dedicavo in parte a start2impact, come advisor. Dopo anni di notti insonni e weekend saltati, il tempo libero e la possibilità di dedicarmi a progetti che amo è diventato una priorità. Anche ora che lavoro in start2impact full time il venerdì lo tengo come buffer.

Uso questo tempo per pensare, per leggere, per dedicarmi a quell’ozio creativo così necessario per ridare prospettiva alle cose e respirare lentamente. 

Alcuni venerdì li passo con la classe di mio figlio. La loro maestra mi ha chiesto supporto per far loro dei laboratori STEM.

Hanno 7 anni e metà della classe ha già basi di programmazione in scratch.

Il potenziale dei settenni è altissimo.

Sono curiosi, svegli, apprendono rapidamente, hanno passione, energia, curiosità… ecco, basterebbe mantenerli così fino ai 18 e saremmo probabilmente una società migliore. 

Lo scopo di questi anni per me è quello di massimizzare il mio impatto – per quanto limitato – su altre menti.

Siano esse startup, settenni, ragazzi col fuoco negli occhi che stanno cercando la loro strada… e start2impact si inserisce perfettamente in questo mio puzzle di interessi.

È un driver di cambiamento, un abilitatore a nuove professioni fatto da persone che hanno il fuoco negli occhi, la capacità di imparare tutto il necessario e un cuore grande che mette il profitto in secondo piano rispetto all’impatto. 

Per tutte queste ragioni sono sinceramente onorato e orgoglioso di fare parte di questa fantastica squadra!